Carissime, carissimi,

        Quella compresa tra il 25 aprile e il 1 maggio è davvero una settimana “identitaria” per il nostro Paese, per la nostra comunità. Sono due date che hanno un grande significato, una fortissima connotazione valoriale ed emotiva. Il giorno in cui ricordiamo la Liberazione e il ritorno della democrazia. E quello in cui si celebra la Festa del lavoro. La Festa di tutte le lavoratrici e i lavoratori, di tutti coloro che lavorando per una vita intera hanno dato il loro contributo concreto e prezioso alla società.

        Dopo due anni di pandemia speravamo di vivere queste fondamentali ricorrenze con uno spirito diverso, con prospettive migliori. Il ritorno ad una situazione di normalità o quasi sembrava avvicinarsi, ma l’assurda guerra iniziata con l’invasione russa dell’Ucraina ha cambiato radicalmente gli scenari. Non solo quelli geopolitici globali, ma anche quelli economici e sociali, con ricadute sul tenore di vita delle persone e sugli assetti del mondo del lavoro che senza adeguati interventi rischiano di farsi sempre più pesanti.

          La guerra ha reso ancora più complicato, ma non ha cambiato, il grande obiettivo che abbiamo di fronte a noi: una vera e propria opera di ricostruzione del nostro Paese. Per approdare ad un modello di sviluppo nuovo, equo e sostenibile anche qui in Veneto. Mettendo al centro le persone, che valgono molto più di ogni algoritmo, e creando lavoro di qualità.

       Il lavoro, non da oggi, sta cambiando. Dobbiamo essere pronti ad accettare la sfida, prestando attenzione in particolare a chi ha meno strumenti ed è meno tutelato. Crescita e competitività si costruiscono non svalutando il capitale umano e il lavoro, ma rafforzando competenze, facendo formazione, contrastando il fenomeno crescente del lavoro “povero”. Sono troppe le persone che non lavorano e troppe quelle che, soprattutto donne e giovani, pur lavorando sono sotto la soglia di povertà.

        Il compito che tutti dobbiamo sentire sulle nostre spalle è quello richiamato nel modo più alto dal Presidente Mattarella, quando ha detto che “è dovere inderogabile delle istituzioni, a ogni livello, combattere la marginalità dovuta al non lavoro, al lavoro mal retribuito, al lavoro nero, alle forme illegali di reclutamento che sfociano in sfruttamento, quando non addirittura in schiavitù contemporanee inammissibili”.

       L’Italia ripartirà solo così. Con il lavoro. Lavoro dignitoso. Lavoro non precario, ben tutelato, retribuito, contrattualizzato. Lavoro sicuro.

       Non è possibile continuare a registrare due o tre morti al giorno in fabbriche, campi e cantieri. Misure immediate di protezione e prevenzione devono essere una priorità assoluta. Tutela della sicurezza, salvaguardia del potere d’acquisto dei salari, avanzamento dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori: questo 1° maggio deve essere l’occasione per ribadire che in un momento così difficile e complesso serve tutta la coesione possibile per perseguire questi obiettivi ed impedire che il disagio sociale aumenti fino a rischiare di deteriorare la qualità della nostra democrazia.

         Democrazia, nessuno lo dimentichi mai, che tra i suoi pilastri ha proprio il lavoro, così come sancito dalla nostra Costituzione: non solo fonte di reddito, ma premessa di libertà personale e collettiva, funzione svolta dalla persona per il progresso materiale e spirituale della società.

   Andrea Martella
Segretario Regionale PD