Sono passati diciannove anni dalla strage di Via D’Amelio dove morirono il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Nel diciannovesimo anniversario della strage di Via D’Amelio, desidero rendere onore a nome mio e del Partito Democratico alla memoria del giudice Paolo Borsellino ed ai componenti della sua scorta che in quel tragico evento persero la vita, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Cosina, Claudio Traina”. Queste le parole del segretario Pier Luigi Bersani che sottolinea: “La memoria di Borsellino è viva negli italiani. Siamo tutti consapevoli che Borsellino servì lo Stato con onestà e rigore, a difesa dei valori della legalità e della giustizia”.
“Il ricordo dell’impegno che profuse nel suo lavoro di contrasto alla criminalità organizzata – prosegue Bersani – fino all’estremo sacrificio, deve essere per tutti un monito a lavorare per restituire forza alle idee ed ai principi di giustizia. Una comunità che si dovesse privare di questi valori, finirebbe con il minare le fondamenta della nazione. Nei momenti più difficili e tragici della sua storia, il nostro Paese ha spesso trovato la via per emanciparsi, tributando in quel modo il migliore omaggio ai propri caduti. Anche oggi dobbiamo trovare questa forza e l’esempio di Borsellino ci sostiene. Non c’è altra possibilità se non quella di ristabilire le basi del vivere civile: onestà, legalità, giustizia. E’ necessario uno scatto della classe dirigente per ricostruire un tessuto sociale drammaticamente indebolito e perciò maggiormente esposto al crimine organizzato. Dobbiamo essere grati al lavoro della magistratura, delle forze dell’ordine e di tutti coloro che sono in prima fila nella lotta alle tante mafie che continuano ad esercitare la loro ipoteca sul futuro del paese. Non riesco a vedere altro modo per rispettare la memoria di uomini come Paolo Borsellino. Concludo rivolgendo un pensiero partecipe e commosso alle famiglie dei caduti in Via D’Amelio”.
Paolo Borsellino viveva nella certezza di essere nel mirino della mafia, sapeva che la potente organizzazione criminale l’aveva condannato a morte. Ce lo ha ricordato di recente anche il giudice Ingroia, venuto a Cadoneghe a parlare del suo libro e della sua esperienza alla procura di Palermo, proprio nell’ufficio che fu di Borsellino. Ancora troppe ombre e troppi misteri avvolgono questo terribile sacrificio di vite umane. Dopo via Capaci, Borsellino aveva chiesto da giorni che l’accesso alla casa della madre in via D’Amelio, presso cui si recava ogni settimana, fosse liberato da veicoli. Una richiesta incredibilmente rimasta inevasa. Di sicuro la mafia avrebbe scelto altri modi per eliminare il suo nemico numero uno. Ma questo particolare, assieme ad altri, rendono ancora più odioso il sospetto che a fianco della criminalità abbiano agito settori deviati dello stato e delle forze dell’ordine.
Il ricordo di Borsellino, del giudice Falcone, degli agenti delle loro scorte deve spingere ognuno di noi a coltivare con rigore, ogni giorno, la legalità e l’onestà. Solo così possiamo sperare di rendere l’Italia un paese realmente libero e democratico. Un paese che non abbia più bisogno di eroi e dove non sia più considerata “normalità” la permanenza in Parlamento e nel Governo di personaggi sospettati di collusioni con la criminalità o, peggio, condannati fino al secondo grado di giudizio per associazione mafiosa.
Nella foto: la Scuola Elementare “Falcone e Borsellino” di Bragni.