Ancora una volta la ricetta delle primarie ha funzionato bene sotto tre aspetti: innanzitutto in senso operativo, con la definizione dei candidati vincitori delle sfide programmatiche; poi come elemento cardine per la produzione di fronte ai cittadini e al corpo elettorale di un’immagine di rinnovamento dal basso; infine come meccanismo di identificazione e di coesione per gli iscritti e i simpatizzanti del PD. Tanto che ormai possiamo dare per certa la coincidenza del sistema delle primarie con l’immagine stessa del partito, alla quale ha giovato in modo forse decisivo.
Se ci pensiamo bene, si tratta della migliore risposta prodotta fino a questo momento per rispondere in modo fattivo e concreto ai limiti e alle trappole di una legge elettorale profondamente sbagliata come il porcellum di Calderoli. Una legge che certamente il nuovo Parlamento dovrà cambiare.
Anche a livello locale le primarie hanno prodotto effetti importanti: nel padovano 11 persone si sono messe in gioco al servizio del partito, alcune anche in modo estremamente spontaneo. A chi scrive certamente dispiace non aver potuto partecipare a causa di una nuova norma introdotta dal PD nazionale e della mancata deroga ad alcuni sindaci dei Comuni sopra i 5000 abitanti. Voglio dire con chiarezza che non consentire la proposta dei sindaci tra i candidati delle primarie è stato un errore, perché si è persa la possibilità di mantenere sempre vivo e positivo il contatto con l’elettorato, cosa che altri partiti sostengono invece con forza. La contiguità tra eletti ed elettori si vive e si esercita continuativamente nei Comuni, in particolare in quelli piccoli e di medie dimensioni. Ma nonostante ciò, proprio perché credo fino in fondo nell’efficacia politica come metodo per migliorare la società e risolverne i problemi continuerò a dare il mio apporto al partito perché così credo di poter aiutare, come molti altri volontari, il mio Paese.
Siamo ora nel bel mezzo di un confronto elettorale che vorremmo più sui temi e meno sui proclami populistici. Il Paese è chiamato a risanare il proprio debito e nessuno dice in che modo, preferendo invece soffermarsi su elargizioni preelettorali come quella di togliere l’IMU o di diminuire l’IRPEF. Tutti ritornelli che copiano quanto sentito cinque anni addietro: ricordiamo le Province e la riforma elettorale.
Ho ben chiare le priorità di questo Paese: diminuire i costi della pubblica amministrazione, sburocratizzare, sostenere l’impresa e i lavoratori allo stesso tempo sono obiettivi non negoziabili, e per essi continuerò a battermi dall’interno del PD e dell’amministrazione comunale che guido. Perché bisogna tornare a parlare del “Bene Comune”, di un’idea di futuro che coinvolga non solo i giovani (di cui abbiamo estremo bisogno), ma tutte le generazioni.
Mirco Gastaldon sindaco@cadoneghenet.it