Evasione fiscale, corruzione e criminalità organizzata sono i maggiori cancri del nostro sistema economico. Se siamo nella situazione in cui ci troviamo, lo dobbiamo in buona sostanza a questi tre buchi neri. E se rischieremo nuovamente il baratro, sarà perché non saremo stati capaci di affrontarli e risolverli definitivamente.
La corruzione ci costa ogni anno 60 miliardi di euro: paghiamo in media, ognuno di noi, neonati compresi, mille euro all’anno il “privilegio” di vivere in Italia, il paese che detiene il 50% dell’intero giro economico della corruzione in Europa (relazione del presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, febbraio 2012). Un primato inaccettabile.
Sono passati vent’anni da Tangentopoli. Mario Chiesa, potente presidente socialista del Pio Albergo Trivulzio, mette in tasca una tangente da 7 milioni di lire ricevuta dall’imprenditore che intende così assicurarsi l’appalto delle pulizie. Ma viene incastrato. Da quell’episodio nasce l’inchiesta-terremoto di “Mani Pulite” che scardinerà l’assetto politico dell’epoca, porterà alla fine di partiti storici e farà emergere la montagna di soldi che foraggiavano illegalmente e sistematicamente partiti, correnti di partito e singoli politici.
Abbiamo imparato la lezione? Abbiamo vinto la partita contro la corruzione? Tutt’altro; il bubbone esiste ancora, è ben radicato e costa a tutti noi una cifra abnorme. Secondo Giampaolino la corruzione è tuttora “dilagante” ed è “una sconfitta non avere fatto una efficace riforma della pubblica amministrazione” ma avere operato sempre “chirurgicamente”, insistendo sull’aspetto penale. Contro la corruzione, invece, “bisognerebbe fare quello che è stato fatto per la mafia, costruire un momento di lotta”.
Alla Camera si affronterà un disegno di legge anticorruzione, ma sull’efficacia è lecito nutrire qualche dubbio. Di sicuro è meglio avere uno strumento legislativo specifico che non avere nulla, ma la sfida si può solo vincere sul piano della cultura e della coscienza civica collettiva.
La corruzione è aumentata negli ultimi anni, le cronache e le statistiche lo testimoniano. E’ una corruzione più finalizzata all’arricchimento personale rispetto a un tempo, quando si rubava per i partiti o le correnti (almeno questo si tentava di far passare, come “attenuante”). Ma ciò che più preoccupa è il torpore dell’opinione pubblica e anche una minore tensione nella magistratura. Si denunciano sempre meno episodi di corruzione perché spesso nascono da accordi tra corrotto e corruttore. E chi è estraneo quasi mai è disponibile a denunciare.
Com’è possibile che la corruzione sia ancora oggi così profondamente infiltrata nella politica italiana, ai più diversi livelli? Esiste anche, oggettivamente, un problema di selezione della classe politica. Francesco Jori lo attribuisce alla legge elettorale Porcellum (tuttora vigente, e speriamo lo sia per poco) che manda in Parlamento i nominati dall’alto e promuove troppo spesso “lestofanti e grassatori”, e troppi “incapaci messi lì solo per reggere la staffa”.
“Non sono corrotto, al massimo sono fesso” abbiamo sentito dichiarare nelle ultime settimane. Un perfetto epitaffio per la politica che sta affossando l’Italia. E’ chiedere troppo (dopo aver pagato tra l’altro le tasse più alte d’Europa, in cambio spesso di servizi al di sotto della mediocrità) poter decidere di lasciare a casa e non mandare in Parlamento ne’ corrotti ne’ fessi?
Venerdì 30 marzo alle 21 all’auditorium Ramin di Cadoneghe (Via Rigotti 2) ospitiamo l’ex giudice di Mani Pulite Piercamillo Davigo. Mirco Gastaldon introdurrà l’intervista di Giovanni Viafora.
Alberto Savio, segretario PD Cadoneghe.