Gianni Cuperlo ha scritto un libro importante che parla di “noi”, della sinistra in Italia, delle ultime trasformazioni, di quello che abbiamo perduto, di come siamo oggi, della “nostra generazione” di eterni “giovani” della sinistra: “Basta zercar. Sinistra, traslochi, Partito Democratico” (Fazi, 2009).
Il Partito Democratico di Padova ti invita all’iniziativa:
“BASTA ZERCAR” SINISTRA-TRASLOCHI-PARTITO DEMOCRATICO
LUNEDI’ 10 MAGGIO ORE 20.45 PRESSO LA SALA DEGLI ANZIANI-PALAZZO MORONI-PADOVA
presenta: Piero RUZZANTE, Consigliere regionale PD
partecipano: Flavio ZANONATO, Sindaco di Padova; Mirco GASTALDON, Sindaco di Cadoneghe.
Intervengono tra gli altri: Germana URBANI, Sebastiano RIZZARDI, Mattia GUSELLA.
Sarà presente l’autore del libro “Basta Zercar”: On. GIANNI CUPERLO

Basta zercar! è il primo insegnamento che Cuperlo accetta da un operaio triestino che, per una polemica sulle deleghe di un congresso, gli spiega che “xe inutile far polemica col partito … gavemo un Statut no? E te sa perché el se ciama Statuto? Perché dentro sta-tuto. Basta zercar!”. Da allora inizia questa vera e propria malattia della politica per Gianni, fino alla storia brave ma così difficile del Pd. Gli appunti e le note che Cuperlo raccoglie in questo libro sono l’intervento che avrebbe voluto fare al congresso del suo partito, se non fosse che una delle cose che abbiamo perso in questa sinistra italiana è anche la capacità di approfondimento, di analisi, di scavo, mentre tutto deve restare sulla superficie, poco più di uno slogan, dentro il limite di 5 minuti.
Cuperlo compie un’analisi distesa, libera, senza infingimenti sulla parabola che dalle primarie che incoronano Walter Veltroni alla segreteria del Pd porta alla sconfitta elettorale dell’aprile 2008 fino alle dimissioni di Veltroni. Ma non è la vicenda personale dei diversi dirigenti il centro dell’analisi di Cuperlo, bensì l’analisi dei passaggi nei quali si è scelta la via breve a fronte della crisi della coalizione dell’Ulivo (quel “correre sa soli”) anziché “dedicare tempo a ‘fare’ il partito, piantarne le ragioni”. L’occasione persa della profonda analisi dei motivi dell’esaurimento non solo di una formula di governo – quella dell’Unione – bensì di un intero progetto politico. Così, siamo arrivati fino a qui, dove siamo ora, senza aver voluto vedere e capire come si stava riorganizzando il sistema politico ed economico globale dopo la caduta del Muro, sfinendoci in personalismi e conflitti interni: “Si litiga .. non per aver discusso troppo ma per la ragione opposta. Perché da tempo abbiamo smesso di parlare, interrogarci, misurare termini e concetti. Abbiamo scelto una scorciatoia. Semplificare. Costringere i dati del reale in confini angusti. Rompere legami, nessi.”. Mancate le premesse culturali, la lettura attraverso lenti nuove dei cambiamenti che la globalizzazione ha prodotto, si è pensato di poterle sostituire con pilastri retorici, slogan spesso vuoti di veri contenuti: “fusione di tradizioni politiche del Novecento”, “unità dei riformismi”, “vocazione maggioritaria”, ecc.