Una riforma che rischia di portare al disastro la scuola pubblica, provocando danni il cui prezzo graverà sulle future generazioni di cittadini.
Nonostante una serie di ondate di proteste più o meno forti, il decreto Gelmini è già legge dello Stato a tutti gli effetti. Seppure con alcuni aggiustamenti sul “tempo lungo”, viene spontaneo chiedersi come sarà la nuova scuola che, a partire dal prossimo anno scolastico, entrerà in funzione. Riuscirà davvero a risolvere i famosi 3 punti dolenti che hanno spinto il ministro Gelmini e il Centro Destra ad attuare urgentemente tale “illuminata riforma”?
1) E’ proprio vero che in Italia si spende troppo per l’istruzione e l’università?
2) E’ vero che i dati OCSE ci collocano agli ultimi posti in Europa per livello di istruzione?
3) Con l’applicazione della riforma siamo sicuri che si avrà un aumento della qualità dell’istruzione?
Per quanto riguarda il primo punto (dati del ministero della pubblica istruzione), risulta che non è vero! In questi ultimi anni, infatti, la spesa per la scuola pubblica è costantemente diminuita. Mentre negli anni ’90 questa corrispondeva al 4% del PIL, ora è pari al 2,8%, quindi ben al di sotto della media europea.
Mi chiedo allora come possiamo stare al passo con i tempi all’interno della Comunità Europea, trascurando l’istruzione e sottraendo risorse alla ricerca. L’Italia, che si è sempre distinta per creatività ed ingegno, di questo passo è destinata a sicuri peggioramenti.
Secondo punto: se è vero che la scuola secondaria presenta alcune difficoltà (soprattutto al sud dove si è speso e riformato poco), se andiamo a leggere le migliori ricerche internazionali, la nostra scuola elementare si colloca ai primi livelli tra tutti i paesi sviluppati, con una spesa per alunno di poco superiore alla media europea. Le scuole con i piani di offerta formativa a tempo prolungato ottengono risultati al di sopra dei valori medi europei, grazie a un insegnamento qualitativamente superiore che si fa anche carico di problemi sociali, come l’integrazione e l’inserimento di alunni che presentano difficoltà personali di varia entità.
Terzo punto: non è mai successo, in qualsiasi settore, che tagliando le risorse si siano ottenuti risultati migliori. La legge 133-08 e il Piano programmatico hanno effettuato tagli al bilancio pari a circa 8 miliardi di euro, tagli dell’organico di circa 87.000 docenti, una riduzione dell’orario scolastico da 30 a 24 ore settimanali per le scuole elementari e da 36 a 29 ore per le scuole medie, senza più mense ed orario pomeridiano; e un aumento degli alunni per classe fino a 29.
Inoltre, mentre nelle scuole elementari è previsto il ritorno al maestro unico tuttologo e non più specializzato nelle specifiche discipline, nelle scuole medie gli insegnanti non avranno più ore a disposizione per attività di recupero e di arricchimento.
In conclusione, se i genitori non faranno fronte comune con gli insegnanti, i dirigenti scolastici e le amministrazioni locali nel chiedere l’attuazione del tempo prolungato, dovranno rassegnarsi a vedere compromesso il servizio dell’istruzione pubblica di questo paese, fondamentale per rafforzare etica e valori alternativi all’attuale modello economico e finanziario pesantemente in crisi.
Saverio Iarrera