Le vicende italiane degli ultimi tempi spesso, e purtroppo, evidenziano la mancanza totale e spregiudicata di rispetto, qualunque sia l’oggetto o il soggetto preso in considerazione.
In un dizionario della lingua italiana la definizione della parola ”rispetto” è: 1) sentimento di stima, di deferenza verso qualcosa o qualcuno ritenuti superiori; 2) sentimento che impedisce di offendere altri; 3) osservanza di una regola, di un’autorità e simili.
Se questa fosse una norma giuridica con la previsione di sanzioni per chi non la osserva, moltissimi dei nostri rappresentanti politici, ad ogni livello, l’avrebbero violata e meriterebbero la pena (anche se poi nessuno di loro la sconterebbe, visto che il controllore dell’attuazione della condanna pare essere il controllato stesso).
Invece rispetto è “solo” regola del vivere civile, connotazione positiva del principio di libertà reciproca, espressione di dignità, assenza di prevaricazione, ecc.ecc.
Perchè dunque applicare questo elementare principio civile? Per la sua violazione non si deve neppure far ricorso all’immunità – meglio sarebbe dire l’impunità – ricomparsa con i governi di centro-destra e non troppo disprezzata dagli altri.
Quando l’indifferenza per le regole civili appare normale, come è nel nostro paese, è ora di rialzare la testa e protestare, correttamente ma con decisione.
Dobbiamo pretendere che la nostra vita non appartenga a gente che usa la politica come mezzo per distruggere principi e sostituirli con benefici per sé e pochi altri, propagandando un finto quanto strumentale interesse per il paese, cose che spesso hanno rappresentato l’inizio delle dittature.
Le vicende dei nostri giorni ci devono rendere coscienti di questo, qualunque sia la nostra appartenenza per idee e cultura: non dobbiamo accettare chi entra come un panzer nelle decisioni più private (es. la famiglia Englaro, vittima della più bieca e sordida speculazione del potere); non si deve tollerare chi offende il decoro della nazione e rinnega, nei fatti, i princìpi cardine del nostro ordinamento costituzionale (es. offese sempre più frequenti al Capo dello Stato); dobbiamo rifiutare di essere dei “sudditi” imbelli (es. il elezione di candidati decisi dai padroni dei partiti; mancanza totale di provvedimenti, seri, di concreto e dignitoso aiuto dei cittadini nella crisi economica).
Facciamo una sollevazione pacifica e pretendiamo che Rispetto, Libertà, Osservanza di buone leggi, vera Uguaglianza e Dignità non restino parole confinate nel dizionario, ma rivivano per essere elementi imprescindibili per la politica, quella vera, ed il vivere civile.
Anche così potremo forse contribuire a costruire quel rinnovamento, ormai indispensabile, che, pur con le migliori intenzioni di alcuni, appare davvero difficile, per l’imbrigliamento nel vecchio potere, arroccato nelle sue posizioni e senza volontà di fare passi indietro, neppure per il bene del paese.
Maria Cocchiarella