All’auditorium Ramin, venerdì 30 marzo 2012, il giudice Piercamillo Davigo ha raccontato, in un incontro promosso dal Comune di Cadoneghe, la stagione di Tangentopoli, l’inchiesta che lo vide protagonista, con (tra gli altri) Gherardo Colombo e Antonio Di Pietro. Il pool di “Mani Pulite” terremotò il sistema politico di allora e fece sparire i partiti che erano sulla scena da sempre.
Intervistato da Giovanni Viafora del Corriere del Veneto, Davigo ha ricordato che è utile sfatare alcuni slogan che sono stati e sono tuttora ostacoli all’accertamento della verità.
In primo luogo la favola della “violazione del segreto istruttorio”, che viene sempre tirata in ballo quando si scoprono casi di corruzione. In secondo luogo il ritornello “rubano tutti”, dannoso perché se tutti davvero rubassero, che senso avrebbero i processi? E’ vero invece che “molti” rubano e bisogna fare i processi per accertare le singole responsabilità. Infine, la domanda ricorrente: “Dov’erano prima i magistrati?” La magistratura, ha detto Davigo, interviene se scopre un illecito, e ai tempi di tangentopoli ci fu un grandissimo numero di confessioni e collaborazioni: questo permise l’allargamento dell’inchiesta a un livello che inizialmente nessuno si sarebbe immaginato, neppure Borrelli, convinto che ormai “i tempi d’oro” della procura di Milano fossero terminati da un pezzo.

Uno dei modi per contrastare la corruzione, ha detto Davigo,
è anche quello di trasformare i partiti politici in organizzazioni sottoposte a un reale controllo dei loro bilanci, da cui far dipendere l’erogazione dei rimborsi elettorali. Attualmente sono semplici associazioni non riconosciute, con molti iscritti che non sanno di essere iscritti. Diverse inchieste hanno accertato che molte tangenti erano destinate a pagare tessere di partito, per accrescere il proprio peso nei congressi: lo stesso Mario Chiesa affermò che quello era lo scopo delle somme estorte agli imprenditori.

La corruzione non è diminuita in questi vent’anni.
Sono state fatte leggi che ne hanno ostacolato la prevenzione e il contrasto, norme che riguardano il diritto societario e i processi penali e civili. La crisi economica sta aiutando a far emergere casi di corruzione. Un po’ perché le risorse sono più limitate, quindi la torta da spartire è più piccola. E poi perché in tempi di crisi la gente tollera meno. E’ importante che l’opinione pubblica sia sensibile sul tema e sia vigile.
Davigo ha parlato anche dei suicidi (Gardini, Moroni, Cagliari..) ai tempi dell’inchiesta; del collega Di Pietro (il miglior investigatore mai conosciuto) che scelse la politica dopo due anni dall’abbandono della professione forense: Davigo si è dichiarato invece “inadatto” alla politica.
Davigo ha poi sottolineato alcune anomalie gravi del sistema giudiziario italiano. Innanzitutto l’applicazione distorta della prescrizione, che in tutti i paesi, tranne Italia e Grecia, decade all’inizio del processo. La prescrizione è una norma di civiltà ma in Italia è diventata una scappatoia per colpevoli. E poi il sistema degli sconti di pena che arrivano al paradosso di rendere “più conveniente ammazzare il coniuge che affrontare una causa di divorzio”.
Infine ha parlato del legame tra corruzione e criminalità organizzata. Dove il fenomeno della corruzione si radica e cresce fino a raggiungere volumi importanti, la presenza del crimine organizzato ha una funzione precisa: far rispettare le regole. “I mafiosi, ha detto, sono come i pidocchi, vanno dove c’è lo sporco”. L’unico rimedio è fare pulizia.
Ascoltando Piercamillo Davigo parlare delle inchieste che ha seguito in prima persona, raccontare aneddoti, fare ritratti di personaggi incontrati nella sua lunga carriera di magistrato, si rimane sbalorditi di fronte alla vastità e alla complessità del fenomeno della corruzione, che in Italia ha assunto dimensioni enormi e rappresenta una zavorra per il rilancio della nostra economia.
Diffondere concetti di legalità, parlare di diritto in termini comprensibili a tutti, capire l’origine e il senso dei casi di corruzione può servire a contrastare il fenomeno. Questo è stato lo spirito dell’iniziativa.