Cari italiani e care italiane,
fra pochi giorni compiamo 150 anni. Anche se non si direbbe,per molti aspetti. Pochi di noi ricordano, dai tempi della scuola, le vicende di quegli anni. Per alcuni,poi, i ricordi non sono del tutto positivi, inficiati dalla noia di dover imparare date, luoghi e avvenimenti. Con un pensiero costante non rivolto ad elaborare i concetti, ma al “Ma a che mi serve?”.
Non c’è aria di compleanno, basta aprire i giornali per capirlo. Non viene voglia di festeggiare, guardando le miserie della quotidianità. E più si cerca di approfondirle quelle miserie, più ci si sforza di essere sensibili e di pensare a delle soluzioni, più ci si accorge che tra nuovi problemi, questioni di ieri, ma soprattutto malsane tendenze carrieriste e personalistiche, le cose si accavallano e diventano un labirinto inestricabile. “La situazione è difficile”, dicono in molti. Quando mai non lo è stata? “La situazione è grave, ma non è seria”, per citare Flaiano. L’Italia è così, da tempo immemorabile. E visto che l’occasione c’è, vale la pena di farla una riflessione sui nostri primi 150 anni.
Ma sembra proprio che nemmeno questo ci dia pace. C’è del dissenso, sentito, tra le istituzioni locali e quelle statali, tra le forze politiche “territorialiste” e quelle più “patriottiche”. Si aggiunge anche la Confindustria, che propone di “festeggiare lavorando” o “Spiegando ai ragazzi nelle scuole cosa è stato il Risorgimento”. C’è da chiedere se ricordano ancora cosa sia una scuola ed un posto di lavoro, per fare una proposta simile. La morale di tutto questo, è che (ancora una volta) non si raggiunge l’obiettivo: Gli italiani sono ancora li a chiedersi “Perché ci siamo uniti?”
In effetti, le gesta degli eroi del Risorgimento sembrano lontane, remote. Non ci sentiamo particolarmente legati a quei personaggi,per diversi motivi, soprattutto storici, ma non solo.
Quando si pensa al passato, si pensa spesso, per chi ha la mia età, ai propri nonni. Viene in mente la guerra, la miseria, quella vera, che per fortuna non vediamo da tempo. Viene in mente un cammino difficile, ma costante, che ha portato la nostra società a cambiamenti radicali. Vengono in mente le conquiste dei lavoratori, dei pensionati e degli studenti. L’evoluzione verso una società moderna e nelle speranze di chi ha lottato migliore. In questi 150 anni è accaduto di tutto. Ed ancor più è accaduto dopo il 25 aprile. Ciò che ci ha consentito di stare uniti, di reggere ai tanti e fortissimi urti che la Storia ha riservato alla nostra Repubblica è stata la Costituzione Italiana. I Costituenti hanno saputo compiere scelte lungimiranti per la tutela della persona, dei diritti e delle libertà. Hanno saputo costruire dei concetti che volgono alla tutela delle minoranze e di valorizzazione delle stesse.
Stupisce poter anche solo pensare che in una situazione come quella del primissimo dopoguerra, nessuno dei componenti (e quindi, dei partiti) dell’Assemblea Costituente abbia cercato di “forzare la mano” nel processo di formazione della Carta, facendola piegare ad un interesse piuttosto che ad un altro. Le fondamenta sono state solide e ci hanno condotti avanti, nonostante tutto.
Purtroppo e per fortuna, però, la Costituzione non è eterna. Purtroppo perché ciò, in determinati momenti storici può scatenare una sorta di “crisi delle certezze” a livello sociale. Per fortuna,poiché per quanto politicamente ben riuscita, la Costituzione deve evolversi al passare del tempo, altrimenti corre il rischio di soffocare la stessa società.
E come la Storia insegna, non bisogna abbassare la guardia, poiché la stabilità delle nostre vite in questa società è indissolubilmente legata all’esistenza del sistema democratico come descritto nella Costituzione. Allora, che fare in questo senso? La sfida per domani, per quando il 17 marzo sarà passato è impegnarsi per far si che quei valori non vengano calpestati dal potente di turno e siano ancora capaci di sostenerci nel corso dei terremoti della Storia. Ognuno, in qualunque contesto si trovi a vivere, a lavorare, in qualunque condizione sia, ognuno di noi tenga la barra a dritta sulla Costituzione. E, per quanto sia difficile, tenga la mano al cittadino che sta di fianco a lui, per far si che faccia lo stesso. Ne va, semplicemente, delle nostre vite, della possibilità di stare quanto meglio possibile altri 150 anni. Scrivendo queste righe, mi torna alla mente un’iniziativa dello SPI – CGIL a cui assistetti il 7 Gennaio scorso, a Roma, proprio sulla Costituzione. Su una pagina del giornale che veniva distribuito, LiberEtà, c’era la foto di una coppia di anziani, sorridenti. Sotto di loro una scritta: “Siamo Storia di conquiste”. E’ vero. Anche oggi possiamo essere Storia. Se stiamo uniti.
Andrea Pittarello